Il viaggio dell’eroe – Alcuni elementi
Che cosa si intende per viaggio dell’eroe? Prima di rispondere, un rapido disclaimer. Questo articolo contiene spoiler su alcuni episodi di Star Wars. Non solo. Contiene spoiler anche su tutti i prossimi episodi della saga. E su centinaia di altri film che non sono ancora stati scritti né girati. Contiene spoiler persino su film che gireranno quando io e te saremo già morti e sepolti e su film che forse non si chiameranno nemmeno più film. Se dopo questo incipit non sei ancora scappato, da qui in poi ci sono un paio di cose che potrebbero interessarti.
Ora possiamo cominciare il nostro viaggio dell’eroe. Di cosa si tratta? Tutto iniziò con un tizio che ha letto un altro tizio che aveva letto altri tizi. Per farla brevissima, Vogler ha scritto un po’ di appunti in cui cercava di analizzare trame di film secondo gli schemi dei miti e di trarne qualcosa di utile. Il fatto è che questi appunti – che erano nati perlopiù come strumento critico e analitico, per mettere a sistema e valutare le storie dei film, piuttosto che come strumento creativo – vennero presi molto presto fin troppo sul serio e nel giro di qualche anno il viaggio dell’eore di Vogler era già diventato il testo fondamentale di moltissimi degli sceneggiatori di Hollywood. Anche in pubblicità, qualche volta, viene utilizzato il criterio narrativo del viaggio dell’eroe. Ma su questo torneremo più tardi.
Il viaggio dell’eroe – UNO SCHEMA
Ed ecco lo schema del viaggio dell’eroe. Lo spoiler di tutti gli spoiler. La trama di tutte le trame. Sei pronto? Sei davvero sicuro di volerlo vedere? Ti senti in grado di entrare nella caverna oscura? Di ingurgitare la pillola per entrare nel cuore della matrice? Bene, iniziamo il nostro viaggio dell’eroe.
Sei un po’ deluso, vero? È giusto, perché in fondo tutti noi non sappiamo di sapere. Ma dentro al nostro cuore, sappiamo già tutto quello che c’è da sapere. E questo schema ci dice esattamente tutto e niente. Ci dice tutto sull’ossatura di moltissimi film (quasi tutti quelli prodotti a Hollywood), ma niente sui muscoli, sulla pelle, sul colore degli occhi, sull’indole, sui desideri, sui segreti, su tutto quello cioè che li rende vivi e pulsanti.
Ripetiamo: è – dovrebbe essere – uno strumento analitico, non creativo. Ma andiamo con ordine: che cosa ci dice, realmente, questo schema? Ci dice che le storie tendono a strutturarsi in questo modo: all’inizio l’eroe vive nella sua realtà, ma si tratta di un equilibrio imperfetto, incompiuto. L’eroe è un io non davvero consapevole di sé e del proprio ruolo nel mondo. È come, diciamo, una ragazza senza famiglia che si guadagna da vivere su un pianeta dimenticato alla periferia dell’impero. Poi, al punto due, arriva un messaggero che chiama l’eroe all’azione. Per esempio: «Ciao, sono un robottino con un messaggio molto importante per le sorti dell’universo, devi aiutarmi». L’eroe si rifiuta, perché a noi umani i cambiamenti danno sempre un poco fastidio. Infatti la nostra protagonista cosa dice al robottino? «La città è da quella parte, stai attento, ciao». Ma ecco che arriva Finn, che in questo momento ha anch’egli la funzione del messaggero – poi si stabilizzerà nella funzione di imbroglione – e richiama in modo rocambolesco l’eroina al viaggio. Siamo al punto quattro. È ora che l’eroe incontri il proprio mentore. Chi è il mentore? Generalmente è un eroe che ha già compiuto il suo viaggio. Magari in un film precedente. Spesso è più avanti con l’età rispetto all’eroe, per esempio può essere una figura materna o paterna. Spessissimo è uno che si è ritirato dal mondo, perché sente di aver già esaurito il suo compito. Ma toh, chi sarà mai un eroe paterno che ha già compiuto il suo viaggio in un film precedente? Potevano essere solo due: Han Solo o Luke. La scelta è caduta su Han Solo. Bene, dunque Rey – così si chiama la nostra eroina – incontra Han e vede in lui un mito, forse il padre da cui è stata abbandonata. È chiaro dal primo istante che Han sarà il suo mentore. Il punto cinque è importante: è il primo passo verso il secondo atto, quello centrale, quasi tutto ambientato nel nuovo mondo, quello stra-ordinario. E guarda caso la nostra eroina finisce in un pianeta in cui non era mai stata, ed entra dentro un castello misterioso, non prima di aver accettato di lavorare per Han, cioè di aver compiuto il primo passo simbolico verso l’accettazione del proprio viaggio. Bon, dai che i minuti passano e i pop corn finiscono. Eccoci allo step sei, dove si assesta il sistema di alleanze tra i personaggi e si definiscono i ruoli. E infatti avviene una battaglia in piena regola dove abbiamo modo di capire che: Han è ufficialmente il mentore, mentre Finn e Chewbecca sono gli imbroglioni (buoni), cioè i giullari stupidotti ma simpatici e di buon cuore che tengono su il morale della ciurma, le spalle comiche. A proposito: è normale che due o più personaggi incarnino una sola funzione. Si parla appunto di attanti. In questo caso Chewbecca e Finn sono l’attante imbroglione. Poi c’è la nanerottola simil Yoda che è evidentemente il guardiano di soglia che scruta negli occhi la motivazione e le intenzioni delle persone (è una versione simpatica della Sfinge, che è il guardiano di soglia per eccellenza), ed ecco l’Ombra – che è proprio nero e oscuro – che gran colpo di scena: il simil Vader di cui ho dimenticato in fretta il nome (l’ho ripescato in seguito grazie a Google: Kylo Ren).
Sino a qua ci siamo? Avanti, allora. Ecco l’approccio alla caverna oscura che richiede quasi sempre la solitudine dell’eroe. Nel nostro caso è il primo incontro nel bosco tra l’eroina e l’Ombra, che avviene, come sempre in Star Wars, rispettando alla lettera lo schemino di Vogler: l’eroina è sola, solissima, e finisce – sola solissima com’è – nella caverna oscura che, didascalicamente, è la nave del Primo Ordine (cioè del lato oscuro). Attenzione, questa sarà la prova suprema. Come volete che finisca? Secondo voi può perdere l’eroina? No che non può, e questo non è uno spoiler, ma grammatica. Infatti, pur legata, la nostra eroina tiene testa ai poteri jedi dell’Ombra e anzi la sconfigge. Ha vinto lei – che tipa tosta, non lo si sarebbe mai detto! – e mentre il mentore e tutti i compagni la raggiungono, ottiene la sua ricompensa (in due tempi: primo, trova dentro di sé i poteri da jedi, secondo – un poco più avanti – ottiene letteralmente la spada jedi laddove, nello schemino di Vogler, troviamo proprio la voce “Ottenimento della spada”). Wow. Che spoiler, eh? Perché non hai ancora letto questo: oramai ogni momento è buono perché il mentore muoia, dato che l’eroe è entrato nella caverna oscura, accettando il suo viaggio. Sì, Han Solo muore. È giusto che tu lo sappia. Ma prima di maledirmi pensando che questo sia un terribile spoiler, rifletti un secondo e vedrai che mi darai ragione. Non poteva che andare così. È come se ti avessi detto che la prossima frase avrà un soggetto e un verbo. Da quando, al punto quattro – ricordi? – l’eroina capisce che Han è il suo mentore, la storia ha già condannato il personaggio a morte. È la fine di tutti i mentori: una volta esaurito il proprio compito, cioè convincere e preparare l’eroe per il viaggio, a loro non resta che ritirarsi dalle scene o morire. Solo queste due possibilità. Nel Signore degli anelli si verificano entrambe. Il mago muore, ma rinasce, per poi, inevitabilmente, lasciare solo Frodo al suo destino dentro Mordor. Davvero, non dirmi che dopo aver visto Han nei panni del mentore, non hai pensato almeno per un secondo che potesse morire. Ci hai fatto caso, vero?, che muoiono, per le stesse ragioni di narrazione, sia Obi-Wan, sia Yoda. Perciò era scontato quanto le scarpe dopo l’epifania, che Han morisse. E. Te. Lo. Ripeto. Non. È. Uno. Spoiler. Ma. Grammatica. Il vero colpo di scena si sarebbe verificato se Han non fosse morto. Solo che nell’universo di Star Wars sarebbe stato come scrivere una frase sbagliando la coniugazione di un verbo. Invece Star Wars rispetta la grammatica vogleriana alla lettera e Han, inevitabilmente, muore. Come Obi e come Yoda. Finito di piangere? E di maledirmi?
Proseguiamo, che siamo ormai usciti dalla caverna e – guarda un po’ – troviamo l’eroina fuori dall’astronave! Ma ecco, il punto undici, quello decisivo. È la resurrezione, la prova che sancirà la presa di coscienza totale dell’eroe, che deve dimostrare di essere oramai pienamente consapevole di sé, cioè – in gergo – di aver compiuto il proprio arco. Quale prova spetta alla nostra eroina? Si trova di nuovo davanti al simil Vader e lo sconfigge, dimostrando di aver compreso intimamente di essere l’erede della tradizione jedi. È uno spoiler? Ancora una volta, no. Se hai iniziato a capire come funziona, hai capito che non poteva che vincere. Dal primo istante in cui esce dall’astronave dobbiamo sapere che risorgerà e per risorgere deve superare la prova. Semplicemente non può avvenire che questo. E quindi non è per nulla uno spoiler.
Ormai ci possiamo avviare al punto finale, dove fa la sua comparsa l’elisir: qualcosa di magico e straordinario che deve testimoniare l’avvenuta resurrezione dell’eroina. E cosa accade? Dai, questa te la risparmio, ma c’è un evidente, didascalico, inequivocabile elisir.
Fine. Seguiranno i prossimi – identici – episodi. E non vale solo per Star Wars, naturalmente. Altre tipologie di film dove lo scheletro del viaggio dell’eroe è così evidente da affiorare in superficie in modo inequivocabile sono per esempio i fantasy, dove spesso la spada è proprio una spada – o quantomeno un’arma -, il guardiano di soglia è proprio un guardiano, l’ombra è proprio un’ombra. Ripensa al Signore degli Anelli, alla Storia Infinita. E, non so, a Predator, ad Alien. A Matrix. Ma, faccio per dire, anche a Rambo e a Rocky. Anche quasi tutti i cartoni animati della Disney sono stati costruiti in modo da rispettare passo passo la stessa struttura. Anche perché Vogler per la Disney ha lavorato. Vuoi che ne svolgiamo uno al volo? Non so, il Libro della Giungla? Vediamo se mi ricordo. Mowgli è l’eroe che vive beato tra gli animali, inconsapevole della sua vera natura. Ammetto che non ricordo il messaggero e perché la vicenda si metta in moto, ma è ovvio che la saggia Bagheera è il mentore – il nostro Han Solo per intenderci – mentre Baloo è l’imbroglione buono, cioè il Chewbecca della situazione. Un po’ si somigliano anche, vero? Poi c’è Ka, che è il viscido mutaforme. L’Orango è il guardiano di soglia, Shere Khan è l’Ombra e – dopo tutte le prove – Mowgli risorge letteralmente e diventa un sé più completo, un uomo. Come Pinocchio che smette di essere un burattino. Domanda: chi è il mentore di Pinocchio? Qual è la caverna oscura che affronterà?
Ed eccoci al punto. In questo tipo di film, dove lo schema di Vogler è usato così alla lettera, non è quasi possibile esistano spoiler. Sono film così preoccupati di rispettare la grammatica che, per così dire, non raccontano altro che la loro osservanza allo schema. Non è possibile spoilerare nessuno che conosca questa grammatica. Perlomeno, non raccontandogli l’andamento della storia. E adesso non è più possibile spoilerare nemmeno te. Dal momento che la storia inizia a costruirsi, è praticamente certa la struttura di tutto quello che seguirà, fino alla fine. Per Star Wars questo vale all’ennesima potenza, perché fu proprio Lucas che volle esplicitamente fare un film che seguisse pedissequamente questo schemino (anni prima che Vogler lo verificasse nei suoi appunti, mutuandolo da Campbell). Da buon americano, aveva già trasformato uno strumento critico in un how to. In un tutorial. Ed è per questo che tutti i film di Star Wars sono così prevedibili e così uguali a se stessi. Al massimo, resta spazio per le idee visive oppure per le pulsioni e le relazioni tra i personaggi. Come in una telenovela. Pensaci: non è un caso che la battuta più celebre e identificativa di tutta la saga sia: «Luke, io sono tuo padre». Per esempio: chi è il figlio di chi, chi la figlia di chi. E se fai attenzione, converrai che da questo punto di vista io non ti ho svelato proprio nulla. Perché è l’unica cosa rimasta da non svelare. È quel poco di muscolatura che è stata ammonticchiata sull’ingombrante scheletro. Quel poco di aggettivi e avverbi striminziti incastrati tra soggetti e predicati.
Ripetiamolo con altre parole: in un film come Star Wars non è svelando la struttura della trama, che si svela chissà che. Né se ne può far perdere il godimento. Il godimento che si prova pensando di essere stupiti dalla trama del nuovo film di Star Wars è un godimento cieco, ottuso e infantile: è non rendersi conto, dopo ben sette episodi – io non ho mai visto i tre prequel, lo ammetto – che si sta assistendo sempre allo stesso film, sempre allo stesso ancestrale dipanarsi di strutture, e che, minuto dopo minuto, avverranno sempre le stesse cose.
E ora un po’ di pubblicità. Guarda questo spot della Superga. Sul serio. Non sono impazzito, c’entra eccome. È uno spot italiano, meraviglioso, che mi fece innamorare dell’agenzia in cui iniziai a lavorare. È girato da Tarsem, che negli anni Novanta era una sorta di dio dei registi di commercial. Per il cinema, per esempio, ha girato The Fall, che alcuni considerano tra i film esteticamente più riusciti di sempre. Vuoi che proviamo a individuare gli stessi passaggi? Vuoi farlo da solo? Ok, ti aiuto solo dicendoti che non ci sono proprio tutti tutti, per evidente mancanza di tempo, ma ce ne sono molti. C’è persino il mutaforme, quello un po’ buono un po’ cattivo che nell’ultimo episodio di Star Wars non è del tutto presente se non – in parte – in Finn.
Adesso, se vuoi, dai invece un’occhiata a questo. È uno dei miei spot preferiti di sempre. Ti accorgerai che la struttura rispecchia lo stesso schema del viaggio dell’eroe, ma riesce ugualmente a sorprendere, rendendo i passaggi meno banali: l’eroe è anche l’ombra e la prova è tutta interiore. Chi è il mentore? La società energetica. Davvero un progetto meraviglioso.
Arrivati a questo punto dovresti aver intuito che non è quasi mai nel cosa che sta la qualità narrativa di un film, ma nel come. Lo schema del viaggio dell’eroe di Vogler non è uno strumento creativo, non è una ricetta per fare film, perlomeno non avrebbe dovuto esserlo. La bellezza di un film, le sue qualità migliori, provengono da come i personaggi si legano, dalla naturalezza con cui passano da uno step al successivo. Dalle loro pulsioni, dalle loro nevrosi, dalle relazioni, della debolezze, dalla vividezza dei loro desideri. E anche dalla capacità di sorprendere, di generare ambiguità, di far riflettere. Quanto più questi ingredienti si mescolano con maestria all’andamento della trama, tanto più il film risulterà interessante. Forse si può arrivare a dire, estremizzando un poco, che un film è interessante – dal punto di vista narrativo almeno – quanto più rende sommersa e difficile da riconoscere una struttura schematica da viaggio dell’eroe come quella di Vogler. Esattamente come avviene nello spot Superga e ancor più in quello di Mister W.
Potrei affermare che lo spot Mr W è narrativamente più interessante dell’ultimo episodio di Star Wars. In quello spot sì, che gli spoiler sono possibili. Perlomeno ne è possibile uno che, svelato, rovina davvero il godimento della fruizione. Questo significa, probabilmente, che è un buon film, sebbene sia solo un semplice spot.
Bene, il nostro viaggio dell’eroe è terminato. Sei uscito dalla caverna, sei risorto, sei di nuovo nel mondo ordinario, ma con una consapevolezza maggiore. Il mio ruolo è esaurito. Cavolo, ti sei accorto che mi hai appena condannato a morte?
gran bel post 🙂
Grazie Enza, 😉
Molto interessante. Mi piacerebbe leggere l’applicazione precisa del Viaggio dell’eroe a film quali Rocky, Matrix, Il Signore degli anelli e La storia infinita. Sarebbe per caso possibile? Grazie mille.
Ciao Angela,
trovi qualcosa sul libro SCREEN. Scrivere video per comunicare.
https://www.amazon.it/Screen-Scrivere-video-comunicare-Fontana/dp/8891779911/ref=asap_bc?ie=UTF8